A ottobre dovrò sottopormi a un intervento per asportare
gran parte della tiroide. Non mi piace questa cosa. Non ho voglia di farmi
togliere la mia tiroide che funziona bene, soltanto perché un noiosissimo
nodulo l’ha invasa. E non mi va nemmeno di togliere il nodulo senza prima aver
capito cosa è venuto a fare, cosa voleva dirmi. Io a dire il vero non gliel’ho
mai chiesto.
La tiroide è un organo importante. Gli ormoni che produce
regolano molte cose all’interno del nostro organismo. E questo ormoni dovrò poi
prenderli sotto forma di pastiglie. Tutti i giorni.
La tiroide è situata in corrispondenza del quinto chakra. Il
chakra della gola, della parola, della deglutizione, delle spalle, della parte
superiore delle braccia…
Ho provato a immaginare se il messaggio del nodulo avesse a
che fare con questo chakra. O come, ha a che fare con questo chakra. Ho pensato
che un nodulo alla tiroide è come “un nodo in gola…”, forse sono lacrime non
piante, o parole non dette, o qualcosa che è rimasta li e non sono riuscita
mandarla giù…. Chissà….
Ad ogni modo ho deciso di scrivere delle cose di me. E ho
pensato di scriverle qui. Di dire delle cose, di metterle nero su bianco. Non
so se servirà alla mia tiroide, al mio nodulo, al mio nodo… a me… io ci provo.
Mi capita di dire che ho avuto un’infanzia difficile. Ma non
lo penso veramente. Ho avuto oggettivamente un’infanzia difficile. Ma dentro di
me vive una bambina felice. Una bambina contenta di quello che vedeva. Di ciò
che la circondava. Credo di essermi nutrita sin da piccolissima di immagini. Il
mio sguardo usciva dalle mura di casa e li fuori trovava cose che mi facevano
stare bene. Anche persone. Dentro le
mura di casa credo di aver subito maltrattamenti già da molto piccola. A parte
quando ero dai miei nonni. Lì, ho ricordi belli. Non volevo stare con i miei
genitori. Preferivo i nonni. Non ho ricordi dei miei primi anni di vita
ovviamente. E anche dopo ho delle immagini che affiorano, delle situazioni, dei
momenti. Forse i primi veri ricordi iniziano da quando avevo circa 5 anni. Non
so nemmeno perché ogni tanto stavo dai nonni, so che già da molto piccola stavo
da loro. E crescendo lo preferivo perché ero coccolata, non mi picchiavano, mi
volevano bene. Ricordo che dormivo nel lettone. Abbracciata alla mia nonna. Se
mi fermo a ricordare, mi sembra di sentire ancora la sua pelle sotto le mie
piccole mani di bambina. La ricordo con una camicia da notte di cotone bianca.
Forse era estate, ma ho ricordi di quelle sere anche in inverno. Lei si
coricava su un fianco e io l’abbracciavo e stavo stretta stretta alla sua
schiena. Era morbida la mia nonna.
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Mi comprava le bambole. A lei piacevano molto. Ne avevo tante,
di ogni tipo. Una me la ricordo particolarmente. Si chiamava Teresa. Aveva i
capelli rossi. A volte me le cuciva lei, le bambole di pezza. Quando sono
andata via di casa, dalla casa dei miei genitori, avevo 17 anni, mia madre le
ha buttate via tutte le mie bambole. O le ha regalate. Quando me ne sono resa
conto, stentavo a crederci. Non riuscivo a capacitarmi. Le aveva eliminate
senza nemmeno chiedermelo. È stato un dolore grande. Quelle bambole erano la
mia infanzia, erano la mia storia prima di arrivare dai miei genitori, erano i
miei anni più felici. E non c’erano più. Come aveva potuto fare una cosa simile?
Ma mia madre era capace di fare quello e altro.
(Segue)