sabato 9 maggio 2020

Amore mio

Quanto cose sono cambiate dall'ultimo post, e dal penultimo... Troppe. Non so nemmeno io come faccio a essere ancora intera.
Il 13 ottobre 2019 è morta Stella, il mio adorato cane. La mia compagna degli anni difficili. L'altra mia metà. Io e lei eravamo una cosa sola. Sempre insieme. Ovunque andassi c'era anche lei.
Fino a che non è arrivato lui, Beppe.
Beppe si è innamorato di me e anche di Stella. E Stella si è innamorata di lui, come me. Lo adorava. E lui provava per lei un'infinita tenerezza, sempre pronto a proteggerla, viziarla, coccolarla. Lei era speciale per me e per lui.
Il 30 marzo 2020 è morto anche Beppe. Il mio compagno. L'uomo con cui volevo invecchiare, con cui immaginavo di vivere ancora molti anni. Se n'è andato, portato via in pochi giorni da questo assurdo virus. Ero sicura che sarebbe guarito. C'ho creduto fino alla fine. Anche quando i medici mi hanno detto che la situazione era disperata. Io ero sicura che lui ce l'avrebbe fatta. Era forte, era sano, aveva appena compiuto 65 anni, e mancavano pochi giorni al suo pensionamento che lui aveva desiderato così tanto. Non poteva finire così.
E invece sì, è finita così.

Oggi è una giornata particolare. Iniziata come tante, tutte. La passeggiata con i cani. Le faccende. L'orto, il giardino. Oggi ho tagliato l'erba. Non l'avevo mai tagliata, non con il tuo tosaerba. Lo facevi sempre tu. Adesso devo arrangiarmi. Dopo mi sono cambiata, e ho iniziato a togliere delle cose dal tuo cassetto. Ho trovato una maglia. L'avevi sicuramente già indossata, perché aveva ancora il tuo odore. Me la sono messa. Ti sentivo li. Poco dopo, mentre stavo mangiando, alla radio è passata la nostra canzone. Di solito, quando capitava, venivo da te e ti abbracciavo. O venivi tu da me ad abbracciarmi. E se non c'eri ti chiamavo. Oggi no. E le lacrime scorrono. La nostalgia mi travolge, e anche il senso di ingiustizia, ancora. E la rabbia. Non mi è ancora passata.
Nell'armadio c'erano anche i pantaloni e la camicia che avevi indossato l'ultima volta che sei uscito. Li ho messi a lavare, ho svuotato le tasche, come al solito, un gesto così usuale, banale, oggi mi causa un dolore immenso. Sono anche andata a prendere i tuoi vestiti nell'appartamento di sotto, dove ti eri trasferito quando sono iniziati i sintomi, per non attaccarmi il virus. Non ero ancora riuscita a farlo, a togliere le tue cose, i tuoi ultimi giorni qui a casa, quando ancora stavi bene, quei giorni erano ancora li in quegli oggetti, nel foglietto sui cui avevi annotato la febbre. Le ciabatte. Il saturimetro. Le tue medicine. Era ancora tutto li. La tua vita. Tu. Non ero riuscita a togliere niente. Non ne avevo la forza. Oggi ho tolto i vestiti. Il resto lo toglierò piano piano.

Perdere il proprio compagno, la persona con cui condividi la vita di tutti i giorni, è un dolore grandissimo. Un dolore che si rinnova, che punge, che urla cento volte al giorno. Ogni gesto, ogni oggetto, ogni pensiero ti ricorda chi non c'è più. Cambiare le lenzuola, cucinare, apparecchiare, andare a dormire... in ogni gesto c'è la sua assenza, la malinconia, la consapevolezza che non tornerà. Che nulla sarà mai più come prima. Che forse non sarò mai più spensierata come prima. Non c'è solo il dolore acuto delle prime settimane, c'è anche questa tristezza di fondo, c'è un dolore più ovattato, ma che pervade. Avvolge tutto come una ragnatela unticcia. I ricordi non sono ancora una consolazione, sono sale sulla ferita. Bruciano. Per quello che è stato e per quello che non sarà più.
Insieme alla sua vita, se n'è andata anche un po' della mia. Mi manca, mi manca immensamente. Quante cose vorrei dirgli, raccontargli, quanti pensieri vorrei condividere ancora con lui.
Ho bisogno di scrivere tutti questi pensieri e tutte queste emozioni, altrimenti ho la sensazione che mi soffochino, mi sembra di non riuscire a contenere tutto questo sentire dentro di me. Non riesco a contenere tutto il vuoto che Beppe ha lasciato dietro di sé.